Il “suicidio”… dell’informazione!
Alcuni giorni fa, un amico ci ha chiamato da New York per segnalare quanto era appena accaduto in U.S.A. a danno dell’olio italiano: il New York Times aveva pubblicato delle vignette curate da Nicholas Blechman, in cui si spiegava -con indubbia abilità grafica- che il mondo oleario italiano è ricco di truffatori, scandali, operatori dediti a vendere come Italiano un prodotto che tale non è, “colorandolo” con clorofilla o “profumandolo” a dovere pur di dargli parvenza di extravergine italiano.
Con l’ulteriore precisazione (come se già non bastasse) che il 69% dell’olio importato negli USA ed etichettato come extravergine, confezionato o importato dall’Italia, in realtà non lo è. Insomma: un vero “suicidio”.
In Italia la notizia è stata subito ripresa, con rigore di informazione e dovute puntualizzazioni, dall’autorevole Teatro Naturale, ma l’ennesimo attacco al comparto era fatto e, va ammesso, anche molto bene.
Ciò che rattrista, della trovata giornalistica, è l’assenza (paradossale, vero?) ancora una volta di una informazione completa, capace di dare ai lettori strumenti utili per comprendere realmente cosa accade sul mercato e, all’occorrenza, difendersi. Si continua a spettacolarizzare alcuni aspetti di un comparto che, vivaddio, è un macromondo che si identifica con produttori e distributori onesti e non già con la solita minoranza di malfattori. E dispiace oltretutto constatare che tale modus operandi arrivi da una delle testate giornalistiche più prestigiose al mondo e da un paese che -inoltre- sta lavorando alacremente contro l’obesità, a favore della educazione a una alimentazione più sana, anche attraverso (guarda caso!) la “dieta Mediterranea”. È noto a tutti il progetto Let’s Move di Michelle Obama!
Che fare quindi? Informare, ma veramente. Diamo strumenti utili di conoscenza e scelta. Il problema non si risolve distruggendo il mercato, ma incoraggiandolo, inducendolo a selezionare meglio i prodotti. E, sia consentito, invitandolo a non pensare che i consumatori siano sempre “disattenti”.
Ogni categoria merceologica è presente sul mercato con diversi standard di qualità e relativo prezzo. Stessa cosa accade per gli alimenti e gli oli.
Orbene, se consideriamo che il costo vivo, di sola produzione di un 1L di olio d’oliva extravergine non è inferiore a 3,60€ (va precisato che tale costo varia da regione a regione) e che a tale valore va aggiunto quello dei non pochi successivi costi, dallo stoccaggio, all’ imbottigliamento, confezionamento, distribuzione… lasciando un doveroso minimo margine di guadagno al produttore, sarà più semplice valutare tra più prodotti.
E allora, andiamo insieme al supermercato ad acquistare una bottiglia di olio.
Primo step. Che prodotto vogliamo? Scegliamo tra uno naturale (in due parole: solo olive spremute e di poi private dell’acqua, l’extravergine) o uno che, per sua natura, richiede interventi chimici (come l’olio d’oliva o gli oli di semi).
Secondo. Se avete scelto l’extravergine, ora che sapete indicativamente cosa costa produrre 1L di quello italiano, vi orienterete verso quelli con un prezzo non inferiore al vostro dato,
Continuando a scorrere sugli scaffali, qualche dubbio speculativo lo avrete! E allora?
Terzo step. Selezionate tra le etichette che più vi hanno colpito, anche tra fasce di prezzo differenti, 2 oli (un consiglio: scegliete le bottiglie più piccole, per evitare in seguito sprechi). Arrivati a casa, apritene una e portatela al naso, cercando di sentire l’odore (o gli odori) che sprigiona il prodotto. Fate, poi, lo stesso con l’altra bottiglia. È facile. Come vi accadrà per qualsiasi altro prodotto, se l’odore è cattivo e non vi aggrada, scartatelo. Semplice. È altamente probabile che non sia un olio di qualità.
E se invece hanno entrambi un buon odore? Iniziate a gustarli, come meglio preferite: in cottura, a crudo. L’olio è un condimento, deve arricchire il vostro piatto, anche se si tratta di una semplice insalata, deve armonizzare i sapori, senza coprirli.
Deve aiutare a soddisfare il vostro gusto, appagandolo sempre.
Quale vi è piaciuto di più? Quello è il vostro olio. Ora, se volete, potete provarne degli altri.
Selezionare, assaporare, scegliere.
È questa la vostra prima (quantomeno!) e più preziosa TUTELA.
Gli organi di informazione devono fornire strumenti di conoscenza, con semplicità ed esaustività e non è discorso da dottorandi in scienze alimentari! Dopotutto, chiunque se vorrà, potrà poi approfondire ogni singolo aspetto del significato di “qualità” applicato al prodotto e a tutta la filiera.
È pur vero che anche i produttori e tutti i protagonisti del comparto oleario, però, dovrebbero iniziare a “comunicare” con maggiore correttezza e coraggio.
Perché, a parer nostro, è possibile mangiare con gustosa serenità! Non credete?